Carta Canta – Nascita e sviluppo dei periodici di speleologia in Italia
Di Michele Sivelli
“Ogni azione da loro intrapresa sembrava ingenua, addirittura insensata.
Misuravano qualche landa, segnavano degli alberi nei boschi, esaminavano le latrine e i canali, guardavano in bocca alle vacche e ai cavalli, indagavano sulle misure e sui pesi, si interessavano alle malattie della popolazione, del numero e del nome degli alberi da frutto, della qualità delle pecore e dei volatili. (Pareva che giocassero…”
(Ivo Andrić, Il ponte sulla Drina, 1945 – XI cap.)
Nel capolavoro letterario di Ivo Andrić, si legge lo smarrimento degli abitanti di Visegrád nell’osservare le stravaganti attività delle truppe austro-ungariche durante l’occupazione della Bosnia-Erzegovina nel 1878. Una nuova visione del mondo si voleva imporre dopo i secoli della dominazione ottomana che era rimasta del tutto indifferente a certe ossessioni occidentali.
La citazione di Andrić è emblematica perché evidenzia un tipo di mentalità che favorì anche la nascita della moderna speleologia, dato che proprio in quegli anni nei territori del Carso classico dell’impero asburgico, si istituì il primo catasto grotte al mondo (misurare, segnare, numerare…).
Per dare idea del grado di paranoia razionalista raggiunta dagli asburgici è interessante segnalare anche il concepimento di un altro catasto grotte, del tutto singolare e inquietante. Lo ha scoperto il carsologo bosniaco Jasminko Mulaomerović nell’archivio di stato di Sarajevo. Si tratta di un incredibile documento inedito, datato 1893, dove una serie di grotte della Bosnia furono appositamente accatastate per prevenire e contrastare le sommosse della popolazione.
Cioè un elenco di caverne che, per caratteristi che e dimensioni (con il calcolo della potenziale capienza!), potevano essere utilizzate da rifugio per banditi e ribelli (Mulaomerović, 2019).*
Ma cosa ha a che fare tutto questo con la storia dei bollettini speleologici?
C’entra, perché il catasto austriaco tenne a battesimo proprio il primo periodico interamente dedicato alla speleologia (Kraus, 1894; Mais, 1979; Shaw, 1992), il Literatur Anzeiger pubblicato tra il 1879 e il 1880 dalla Section für Höhlenkunde affiliata all’Österreichischen Touristen-Club di Vienna. Il progetto editoriale tuttavia si interruppe dopo 11 fascicoli a causa, sembra, delle eccessive spese sostenute da parte del gruppo-editore (Mais, op. cit.).
Al di là dell’importanza storica di quella prima esperienza, non vi è dubbio però che il primo periodico ad affacciarsi nella nascente disciplina speleologica fu Spelunca. Avviata nel 1895 da Eduárd-Alfred Martel, la rivista ebbe subito una produzione tumultuosa, con un primo apice nel 1905 con il poderoso volume La spéléologie au XX siècle in cui viene fatto il punto sulle conoscen-
ze speleologiche nel mondo (Martel, 1905). E, vedi un po’, il nostro cita solo altri due periodici di speleologia esistenti a quel tempo: Mondo Sotterraneo (1904-) del “Cercle spéléologique et hy-
dologique de Frioul” di Udine e la Rivista Italiana di Speleologia (1903-1904) della “Societé spéléologique… de Bologne” (pag. 297, op. cit.). Pare dunque che successivamente a Literatur Anzeiger e a Spelunca, i primi periodici di speleologia provengano proprio dall’Italia. Come noto però, la rivista bolognese ebbe vita effimera, e né ebbe successo il tentativo di uno dei fondatori di rilanciarla nel 1905 con la nuova intestazione Proteus, enfaticamente sottotitolata “rivista internazionale bimestrale di biologia sotterranea, zoologia – botanica – igiene pubblica”. Di fatto solo Mondo Sotterraneo rimase in vita, divenendo il punto di riferimento della speleologia italiana fino al 1922, un’eredità raccolta nel 1927 con la nascita de Le Grotte d’Italia.
L’Italia “austriaca”
Ne La spéléologie au XX siècle la speleologia triestina è trattata da Martel nel capitolo Austria, essendo a quel tempo tutta la Venezia-Giulia sotto il dominio asburgico. Nel paragrafo si trovano citati articoli da Alpi Giulie (1896-) rivista della Società Alpina della Giulie (dove già operava la Sezione Grotte, oggi Commissione Grotte “E. Boegan”) e su Il Tourista (1894-1912) del Club Touristi Triestini. Ai fini della nostra storia è però doveroso aggiungere La Mosca (1893-1894) organo di stampa del Club Alpino dei Sette, sodalizio triestino fra i cui componenti troviamo i giovanissimi fratelli Felice ed Eugenio Boegan. Si tratta di rarissimi fascicoli illustrati e vergati a mano, tirati poi in poche copie, in cui la parte dedicata alle grotte predomina su altri argomenti.
Nel lasso di tempo che separa le pubblicazioni fin qui elencate dal primo numero de Le Grotte d’Italia, si segnala solo l’iniziativa di un gruppo speleologico triestino di lingua tedesca Hades
(1907-1909) che, all’interno del periodico di Hannover Globus – Illustrierte Zeitschrift für Länder und Völkerkunde (1862-1910), contribuiva con una rubrica specialistica estratta poi in 7 fascicoli
numerati. A beneficio di inventario si ricordano anche i rapporti annuali di lingua tedesca pubblicati a Trieste a fine ‘800 dalla Sezione litoranea del Club Alpino Tedesco e Autriaco, con vari contributi sulle grotte (Jahresbericht Section Küstenland des deutschen und österreichischen Alpenvereins).