Speleologia: un’avventura lunga quattro decenni
E come nella migliore delle tradizioni, la nostra/vostra rivista nacque quasi “per caso” durante una giornata in cui l’attività speleologica era sfumata per via del tempo avverso. Per rivivere quei primi anni di avventura editoriale, invitiamo i lettori a scorrere lo splendido racconto di Fabio Baio – insieme ad Alfredo Bini e Adriano Vanin tra i fondatori e ideatori della rivista – che trovate pubblicato nelle pagine di questo numero. Caparbiamente voluta da un ristretto numero di persone, Speleologia andò rapidamente a colmare un’esigenza – quella di dare voce e visibilità alle esplorazioni degli speleologi italiani – che era sentita nell’intero territorio. La riprova di tutto ciò è che nel volgere di qualche anno, la rivista cominciò a ricevere e pubblicare contributi da tutta Italia e la redazione, inizialmente circoscritta a un’area geografica abbastanza limitata, si ampliò, dando una sempre maggiore rappresentatività al territorio nazionale. Pur con gli inevitabili alti e bassi, a quarant’anni di distanza Speleologia viene ancora pubblicata con regolarità e si è modificata di pari passo con l’evolversi dei mezzi di comunicazione, con l’ampliarsi delle tecnologie a disposizione e con le profonde trasformazioni della pratica speleologica stessa. Le riviste cartacee fatica no sempre più a sopravvivere; assorbono tante risorse, sia economiche che umane, e hanno perso quella funzione di informazione che originariamente era stimolante sia per i lettori, sia per i redattori. Grazie ai social network, oggi le scoperte vengono pubblicate quasi in diretta e talvolta si arriva al paradosso per cui le esplorazioni vengono persino annunciate prima ancora di essere realizzate…! Apparentemente una rivista cartacea come Speleologia potrebbe sembra re “solo” archivio e memoria di quanto è stato fatto e organizzato. Non si tratta certo di una funzione da poco, ma questo ci appare comunque troppo riduttivo. Pubblicare su Speleologia richiede una qualità e un’organizzazione dell’informazione di cui sui social non c’è praticamente traccia. L’esplorazione è innanzitutto metodo. Lo studio delle aree carsiche e dei sistemi più complessi può procedere solo attraverso attività sistematiche che richiedono costanza, conoscenza del territorio e condivisione delle informazioni. Le grandi imprese o gli eclatanti exploit esistono – quasi sempre gonfiati da toni altisonanti e commenti a effetto – soltanto sui social. Pubblicare su una rivista cartacea come Speleologia significa produrre documentazione di qualità, fornire dati e numeri precisi e attribuire il giusto peso alle scoperte narrate inserendole, come il piccolo pezzo di un puzzle, nel conte sto spesso articolato di vuoti già noti e conoscenze precedentemente acquisite. È un lavoro che richiede tempo, competenze, senso critico e… perché no? anche umiltà. Non tutti gli esploratori sono disposti a cimentarsi nel processo di rielaborazione critica, e questo è il principale motivo per cui, nei quarant’anni di vita della rivista, nelle sue pagine sono state e tuttora vengono pubblicate solo una parte delle scoperte effettuate sul territorio. Eppure Speleologia, la rivista, è una delle principali vetrine che la speleologia italiana ha a disposizione per dimostrare le peculiari competenze e i risvolti scientifici sottesi alla maggior parte delle esplorazioni. Dal momento che la nostra non è solo una pratica sportiva, la rivista della SSI anche in futuro continuerà ad essere a disposizione degli speleologi… almeno per i prossimi quarant’anni!
La Redazione