Libertà di espressione e partecipazione
Speleologia nasceva 40 anni fa in un periodo storico, come ci ha ricordato Fabio Baio nel suo contributo sul numero 80, in cui la gran parte delle informazioni (se non altro speleologiche) passavano attraverso la carta stampata. In 40 anni di storia sono profondamente cambiati il modo di comunicare, la società in cui viviamo e probabilmente anche la Società Speleologica Italiana.
Ma se state sfogliando questa rivista e dedicate addi rittura del tempo a leggere queste righe è probabile che riteniate che Speleologia abbia ancora una funzione: quella di essere memoria dell’attività speleologica attuale. Non la memoria effimera della rete, tanto meno l’autocelebrazione dei social, ma un punto fermo in un percorso di crescita speleologica e culturale. Speleologia avrebbe l’ambizione di rappresentare le attività svolte dall’intero panorama speleologico italiano. Per svolgere questa funzione la condizione fondamentale è che chi fa speleologia in Italia abbia voglia dicomunicare attraverso le pagine della rivista.
Comunicare rispettando i canoni richiesti che non sono dettati dai “capricci” della Redazione ma dalle esigenze di spazi, costi e leggibilità.
Un’altra condizione fondamentale, imprescindibile per l’esistenza stessa della rivista, è che ci siano persone disposte a farsi carico del lavoro di redazione. Non solo l’eventuale attenta verifica dei contributi che di volta in volta ven gono inviati ma lo svolgimento del lavoro costante e faticoso di una Redazione di volontari, che in diverse situazioni si sono ritrovati a dover subire critiche anche pesanti da chi evidentemente non si rende conto dello sforzo e del tempo, che ognuno di noi sottrae alle propria vita privata, che c’ è dietro l’uscita di ogni numero. E che pensa che tutto debba essere dovuto. Se qualcuno dei lettori di queste righe ritiene che Speleologia debba continuare a esistere e possibil mente innovarsi e migliorarsi, bene, questo è il momento di farsi avanti e partecipare all’opera.
La Redazione